È stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati

Ed eccoci, siamo giunti alla fine di questa relazione di oltre due anni. Non avrei mai creduto che sarebbe durata tanto, e considero davvero un successo essere giunta fin qui.

Confesso di non esserti stata fedele. Ogni tanto mi sono concessa qualche storiella più leggera, qualcuno che potesse sedurmi, irretirmi, farmi ridere di gusto, e provare emozioni più forti (e quindi più semplici) di quelle che hai saputo darmi tu.

Tornavo sempre da te, comunque. Non mi piace lasciare le cose a metà, e volevo davvero arrivare fino in fondo a questa storia. Inoltre non potevo accettare di non essere alla tua altezza, ci tenevo a dimostrarti (e dimostrare a me stessa) che potevo tenerti testa.

Non è stato facile, perché spesso hai un modo di fare così scostante!

Ma sono felice di aver trascorso insieme a te questi anni.

Malgrado i timori, i pregiudizi e la mia iniziale diffidenza, credo che la nostra sia stata una bella avventura.

Mi avevano parlato tanto bene di te, ed ero così curiosa di conoscerti! Tuttavia, intuivo che non sarebbe stato semplice tra noi due, ed è per questo che ho aspettato di compiere 40 anni prima di tentare un approccio. Sapevo di aver bisogno di una certa maturità, e di una buona dose di esperienza.

Perché non sei un tipo semplice, devi ammetterlo. Cervellotico e allo stesso tempo incredibilmente infantile, contraddittorio e ostinato, dolce e snervante.

Tante volte avrei voluto scuoterti e gridarti: “Sveglia! Non è questo il modo di vivere! Rientra un po’ nel mondo reale! Smettila di perdere tempo!”

Sì, perché questo tuo continuo distaccarti dal qui e ora, questo riuscire a provare felicità solo nell’immaginazione, desiderio solo nella perdita – te lo devo dire – a volte fa saltare i nervi. Quello iato tra i tuoi sentimenti e i tuoi comportamenti fa traspirare un’aria gelida e malsana per chi ti si trova accanto.

A volte ho provato pietà per te, per questo tuo eterno bisogno di amare, eternamente frustrato dall’incapacità di amare davvero.

A volte invece ti avrei preso a schiaffi, per lo stesso motivo.

E la tua ipocrisia? Il tuo negare la tua vera natura, fino ad arrivare a manifestare disprezzo per quelle che tu chiami “perversioni”? Ho provato rabbia, ti ho trovato patetico, ma alla fine ho capito quanto dolore dovesse esserci in te, e ti ho perdonato.

Ho avuto l’impressione che tu abbia preso parte a questa tragicommedia che è la vita, anche la tua vita, più come spettatore che come protagonista. Anzi, come spettatore e  come drammaturgo, magistrale tecnico delle luci e dei suoni, virtuoso scenografo, ma senza mai immedesimarti davvero nel ruolo di attore. Del resto sei francese, e voi siete un po’ tutti così: troppo impostati, per i miei gusti. Preferisco uno stile più da Actors Studio, capisci? Me la cavo meglio con gli americani, disinvolti e diretti. E mi affascinano di più la precisione degli inglesi e l’ironia degli italiani, per dire. Anche caratteri enigmatici, come quelli degli orientali, o labirintici, come quelli dei russi, mi sono più congeniali. Ma i francesi… No, non ci so proprio fare con voi.  Riconosco però che è un mio limite.

Non sei tu, sono io.

Allora come è possibile che sia durata tanto? Com’è che non mi sono decisa a lasciarti prima?

Be’, un po’ perché volevo vincere la sfida, volevo vedere come andava a finire tra noi. Volevo capire se sarei riuscita a capirti e, finalmente, ad amarti.

Ecco, sì. Ci sono riuscita, e un po’ ti è riuscito di farti amare. È così che funziona, no? Bisogna metterci dell’impegno reciproco perché le cose vadano bene.

Pian piano ho imparato a provare tenerezza per te, anche quando mentivi spudoratamente, perché ho capito quanta fragilità c’era in questa tua maschera. Perché mi sono resa conto che forse sei cresciuto nel mondo e nel tempo sbagliato.

Ho provato anche simpatia, per quella tua continua oscillazione tra il genio assoluto e i più bassi istinti. E ho apprezzato il fatto che non cercassi di renderti migliore di quello che sei, al punto che i tratti più gentili della tua personalità emergevano quasi di riflesso.

Spesso, molto spesso, mi hai incantata. Tutte le volte che aprivi davanti a me magnifici paesaggi. Quando, con minuzia e devozione, mi svelavi dettagli che altrimenti non avrei mai scorto. Quando mi conducevi per mano su strade note, e me le facevi apparire sotto una nuova luce.

Ti ringrazio per quelle improvvise trasparenze.

Ma è solo adesso, in quest’ultima fase della nostra storia, che ti ho amato davvero. Mi pare che solo verso la fine tu sia stato davvero sincero. È paradossale, non credi? Proprio ora che hai dichiarato di volerti staccare dal mondo, a me pare che tu ci sia finalmente entrato. Forse perché hai ritrovato il Tempo perduto, e quindi hai fatto pace con il Tempo tutto. Improvvisamente il tuo sguardo è diventato meno indagatore e più partecipe. La tua voce ha assunto un tono meno tormentato, meno ossessivo, e più umano.

Insomma basta, questa lettera di commiato è durata anche troppo (ma tu sei l’ultimo che può lamentarsi, perché non sei certo uno di poche parole!).

Addio Marcel. Spero che tu sia riuscito a essere più felice di quanto traspaia dalla tua opera.

E grazie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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